"I racconti del Coronavirus" : dialogo con l'autore, Dott. Domenico Semisa

"I racconti del Coronavirus" : dialogo con l'autore, Dott. Domenico Semisa

28/10/2021

20 febbraio 2020 … sembra ieri...

 

Dal primo caso di Covid accertato in Italia ad oggi tante cose sono cambiate, altre cambieranno e altre ancora resteranno per sempre nella nostra memoria.

L’impatto nelle strutture riabilitative è stato totalizzante: niente più uscite, niente più contatti stretti. Il nemico è invisibile e circola rapidamente.

In un momento così difficile da gestire e comprendere, gli operatori della salute mentale hanno dato prova di grande tenuta; Servizi pubblici e privato-sociale tutti a remare dalla stessa parte. Ognuno con il proprio compito, ognuno con le proprie responsabilità.

Partendo da questi presupposti abbiamo posto qualche domanda al dott. Semisa, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale della ASL Bari autore di un interessante libro uscito ad inizio anno dal titolo “I racconti del Coronavirus”. A suo modo riporta la propria esperienza attraverso le vite degli altri riuscendo nell’intento di trasformare il Covid in opportunità di riflessione sul prima e dopo l’esperienza pandemica, cogliendo quei dettagli che forse andrebbero conservati per lungo tempo nella memoria di ognuno.

 

D) Le storie raccontate nel libro sono molto diverse d fra loro, alcune divertenti, altre ironiche, altre drammatiche. Tutte però con un unico filo conduttore: trasformare la pandemia in un’occasione per riflettere sul ns. modo di vivere. E’ così?

 

R - Si, è così. La pandemia spesso ha enfatizzato ed amplificato problemi che noi già avevamo, sia a livello individuale – problemi di coppia, di comunicazione, di relazione, insoddisfazioni lavorative, difficoltà di gestione della rabbia o di altre emozioni negative – sia a livello di sistema, ad esempio le carenze del sistema sanitario o della scuola o dei trasporti pubblici. Ed anche in molti dei miei racconti in realtà la pandemia non è protagonista, ma solo comprimaria o semplice spettatrice di una trama che si consuma a prescindere da essa. 

 

D) Chi si aspetta un altro libro sul Covid pieno zeppo di riferimenti scientifici o teorie risolutrici rimarrà deluso poichè il libro parla di noi. Perché questa scelta?

 

R - Perché sono stati tanti, forse troppi, i libri e gli interventi che proponevano colti approfondimenti scientifici o anche previsioni e soluzioni talora velleitarie che poi venivano smentite dalla realtà. Io ho preferito parlare di noi, e di noi nella pandemia, perché continuiamo ad essere noi -e non il virus- i protagonisti delle nostre vite. E ho cercato di farlo secondo precise scelte stilistiche che mi sono dato: a) l’ironia, a permeare anche le situazioni più difficili o drammatiche cercando di dar loro leggerezza e provare a renderle, se non sopportabili, almeno narrabili ; b) la sintesi, al fine di non abusare della pazienza del lettore e rispettare i suoi tempi che, come quelli di tutti noi, sono fondati oggigiorno sulla velocità e spesso usano il linguaggio lapidario dei social; c) alcuni temi solo accennati, per lasciare al lettore la facoltà di una elaborazione personale che vada nel senso che più gli aggrada o che più possa essergli utile.

 

D) A quale dei racconti si sente più vicino?

 

R - Mi sento vicino in vario modo a tutti i racconti e a tutti i personaggi, quelli che non ce la fanno e quelli che in qualche modo si salvano. Vittime o colpevoli, sono tutti meritevoli di compassione, se non di assoluzione, perché a modo loro si sforzano di vivere e di cavarsela come possono. Se devo citarne qualcuno, potrei citare “Un segreto qualunque”, in cui Nico vive a suo modo un’avventura, non sappiamo se con la A maiuscola o minuscola, come forse potremmo o vorremmo fare anche noi.  O anche “Un annuncio di lavoro” dove ad una ragazza come tante viene offerto un lavoro molto particolare che la porta a confrontarsi con una tematica dolorosa e critica per tutti noi, cui lei cerca di offrire una interpretazione certamente inconsueta.

 

D) In “Silvia odiava le persone” fotografa con grande lucidità il vissuto di una assistente sociale nel periodo Covid, prima come professionista impegnata a barcamenarsi tra i problemi vecchi e nuovi delle persone, poi come “contagiata” bisognosa di terapia intensiva. Cosa ci può insegnare questa storia?

 

R - “Silvia odiava le persone” racconta prima un’illusione, quella della protagonista che cerca di aiutare una Umanità che meriti il suo amore, poi una delusione, laddove la protagonista fa i conti con la realtà in cui le persone spesso sono egoiste, aride ed agiscono solo per il proprio tornaconto. Nell’ultima parte del racconto però accade qualcosa che le restituisce fiducia, speranza e la convinzione che in ogni caso, pur con tutte le zone d’ombra, gli esseri umani abbiano in sé l’impronta della Divinità e meritino compassione ed amore.

 

D) Una domanda al professionista. Dica la verità: la prima cosa che ha pensato dopo il primo lockdown.

 

R - Ho osservato, e quindi ho pensato, due cose. La prima: le difficoltà di tutti nel fare i conti con una nuova realtà, quella della pandemia, sconosciuta e confusa, senza prospettive chiare; difficoltà maggiori in quelle persone che per vivere hanno bisogno di certezze, di coltivare la convinzione illusoria di avere tutto sotto controllo e di essere del tutto padroni del proprio destino, dato che la pandemia ha messo in crisi molte certezze. La seconda: ho visto la natura e soprattutto i paesaggi urbani che ci hanno offerto scenari nuovi che non si vedevano in precedenza ,e talora di segno opposto. Di sera strade buie e deserte dall’aspetto spettrale come nel racconto “La giusta dimensione”,ma di giorno le stesse strade luminose e gioiose, governate dal sole e possedute dal silenzio rotto dai versi degli uccelli e dal rumore delle piante che crescono come nei racconti “I girasoli” e “Il sole”.

 

D) Quando il prossimo libro?

 

R - E’ vero, sto continuando a scrivere, nonostante le intenzioni iniziali, perché continuo a divertirmi nel farlo. Se dovessi essere soddisfatto di quello che scrivo potrei proporre qualcos’altro a chi ha la cortesia di prestarmi attenzione, forse già nei primi mesi del prossimo anno. Poi come sempre la conferma o la disconferma, il giudizio finale sul mio operato, spetterà ai Lettori.

 

Intervista a cura di Nico Altamura